I disordini della mente nell’Ayurveda (un-mada)

Le “un-mada” (psicosi, paranoia, depressione, schizofrenia) sono basate sul concetto indiano d’interpenetrazione tra il mondo degli spiriti e il mondo della materia.
Tali condizioni possono verificarsi per cause indotte relative all’aggravamento dei principi organici vizianti quali vata, pitta e kapha (i tridosha che per certi versi ricordano la teoria degli umori medievali), per avvelenamento del sangue o per fenomeni di possessione operate da deva, asura, gandharva, yaksa, raksasa, pitr, pisaca, naga nei confronti degli uomini.
La “Bhuta Vidya” (psichiatria indiana) designa infatti una vasta famiglia di esseri invisibili, di spiriti o “microorganismi”.
L’Ayurveda era in passato, nella sua forma di Atharva-veda अथर्ववेद, una sorta di stregoneria ed includeva tutta una serie di pratiche per niente dolci e di formule magiche adoperate per la cura e il ripristino della sanità mentale del paziente.

La natura di MANAS.

La mente è un fattore di collegamento che connette il sé vivente con il corpo senziente. Quando la mente è in procinto di venir meno, il carattere si altera, l’affettività si trasforma, tutti i sensi sono afflitti, la forza svanisce e le malattie si aggravano. Abbandonato dalla mente l’individuo muore.
La mente ha natura UNITARIA e non frazionata e questo è dimostrato dal fatto che essa è in grado di operare un solo processo alla volta. Essa opera in maniera meccanica e non cosciente.
Il sé è agente di coscienza e riflette tale apparenza su manas. Per far brillare in tutta la sua luce la natura dello spirito bisogna spegnere la mente.
Le qualità di manas (=mente) sono tre: pura, passionale o indolente.
In base alla predominante esse possono ripresentarsi nell’esistenza successiva.
Solo in chi predomina la purezza è presente una continuità di memoria (“jatismaran”- memore delle nascite) tra la mente e il sé, mondo esterno e mondo interno, per cui è possibile risvegliare il ricordo della vita precedente.
I fattori che derivano dalla mente e che la influenzano sono: preferenze, condotta, pulizia, avversione, memoria, confusione, rinuncia, gelosia, coraggio, paura, collera, torpore, energia, asprezza, dolcezza, profondità, instabilità…
Tra spirito e mente esiste uno spazio abitato da intelletto e senso dell’io. Tre sono le funzioni dell’intelletto:
discriminazione, volontà e memoria.
Quando una delle tre funzioni è disturbata l’intelletto non è più in grado di adempiere ai propri compiti e va incontro all’errore, responsabile dell’insorgenza dei disordini mentali.
I sensi della mente se resi anormali dal contatto eccessivo, insufficiente o erroneo con “gli oggetti dell’esperienza” impediscono le rispettive percezioni.
Per preservare integri i sensi e la mente bisogna impegnarsi a mantenere una congiunzione appropriata con gli oggetti dei sensi, un’esecuzione corretta di ogni azione preceduta da una valutazione adeguata fatta dall’intelletto e infine fare ricorso a qualità opposte rispetto alle proprietà del luogo, del tempo e della propria persona.

I due principali gruppi-radice da cui la follia viene generata.

Il vocabolario sanscrito della follia ruota attorno a due gruppi-radice che esprimono i concetti di euforia o possessione.

l’euforia.

contentezza, gioia, eccitazione, l’atto di tremare, l’ebbrezza alcolica, l’arte, l’erezione del membro virile (=Harsa).
Si distinguono per cui delle condizioni piacevoli ed altre patologiche legate all’intossicazione degenerante.
La condizione poetica è associata con il consumo di soma, sostanza divina inebriante per eccellenza.
“Vi” denota distinzione, divisione, separazione, distruzione.
V-mad è l’ebbrezza alcolica.
Un-Vmad e pra-Vmad designano una condizione di ebbrezza intensa ma non necessariamente negativa, mentre vi-Vmad designa l’indigestione, la cattiva ebbrezza, l’eccitazione che degenera in qualcosa di negativo.
Gli umori accresciuti, prendendo dimora nei canali sbagliati(unmarga), generano sovraeccitazione, l’unmada, la follia.
“Rendetelo pazzo d’amore, o Marut. Rendilo pazzo d’amore, o Atmosfera, rendilo pazzo d’amore, o Agni.Che arda d’amore per me!”
In questo inno compare l’induzione della follia d’amore mediante un meccanismo di possessione tramite l’invocazione delle apsaras, del dio Agni (anche fuoco digestivo), dei Marut, divinità della sfera di mezzo e dell’antariksa –atmosfera, la stessa sfera di mezzo.
Nel trattato di Caraka il termine mada compare anche in un contesto distinto dall’ebbrezza e dalla follia amorosa designando il primo dei tre stadi di progressiva alterazione della coscienza che derivano da un avvelenamento del sangue.
Quando in un individuo passione e indolenza ottenebrano il suo spirito, gli umori aggravano separatamente o in concorso, i canali che veicolano il sangue, la linfa e la coscienza e vi si installano, allora dei disordini insorgono, quali uno stato confusionale (mada), svenimento e coma.
Gli stati confusionali indotti dall’alcol, dal veleno o dall’avvelenamento non differiscono tra loro e possono talora presentarsi tutti insieme:
Nello stato confusionale provocato da vata la persona parla con la voce impastata, in eccesso e facendo errori, i movimenti diventano instabili e impacciati, l’aspetto è secco, cinereo, rugginoso.
Nello stato confusionale provocato da pitta il modo di parlare è collerico e rude, vi è tendenza a venire alle mani e a litigare, l’aspetto è scarlatto, giallastro o nerastro
Nello stato confusionale provocato da kapha la persona parla poco e in modo slegato, è torpida, pigra e pallida, se ne sta cogitabonda.

Il secondo gruppo-radice è quello che esprime il concetto di possessione.

Mediante l’allentamento della causa che lega il mentale al corpo e mediante la conoscenza dei movimenti di quel mentale vi è l’entrata (avesa) del mentale nel corpo altrui.
Esistono possessioni bianche operate dagli dei, possessioni nere operate da creature demoniache quali raksasa e pisaca e possessioni grigie operate dalle numerose categorie di spiriti.
La prossimità psicologica di questi spiriti è data dal fatto che siano i più vicini allo stato umano. Essi sembrano abitare una regione mentale che è contigua e che confina liberamente con lo spazio della coscienza ordinaria in cui ha luogo la vita di ogni giorno. Le persone possono occasionalmente avere degli incontri con il mondo egli spiriti senza che essi vengano necessariamente considerati allucinazioni uditive o visive di natura patologica. Vi sono Dei che penetrano Dei, morti che penetrano viventi, viventi che penetrano morti, viventi che penetrano in altri esseri viventi, veggenti e maestri che si servono di spiriti in un vero e proprio tripudio di possessioni che possono essere parziali o totali, a tempo o definitive, in un flusso perfetto del divenire e della trasformazione. Gli esseri quindi sono divisibili, permeabili non unitari.
Il termine “chidra” designa le fenditure invisibili che sono presenti sulla superficie del corpo.
L’unmada, la follia può preannunciare la sua venuta in sogno.

I testi di riferimento per questo articolo sono:
il libro di Ernesto Iannaccone citato nel titolo e basato sulla “Caraka-samhita”, la “Susruta-samhita” e “l’Astangahrdaya”.

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